lunedì 21 ottobre 2013

Figli delle paure !



Stamattina mi sono imbattuta in questa mail  ricevuta dalla  newsletter di " Uppa Un pediatra per amico" a cui sono iscritta,  che ha sollevato una riflessione in me. Io, infatti, sono una di quelle mamme che si è posta e si pone tante domande sul figlio, tutte derivanti dalle mie paure. Oggi Marco ha sei anni e mezzo, ma spesso mi ritrovo a pensare che se gli avessi dato più fiducia, se avessi abbandonato le mie paure, forse gli avrei garantito una maggiore autonomia, una maggiore maturità. Le nostre ansie, le nostre paure non devono ricadere sui nostri figli, quando dobbiamo prendere una decisione, dalla più banale alla più importante, fermiamoci un attimo a riflettere, bisognerebbe prendere questa abitudine, bisogna imparare a vedere le cose, le situazioni con gli occhi dei nostri figli.
Ecco la mail che ho ricevuto:

"Figli delle paure

Ancora nella pancia: paura che venga malformato, che venga “piccino”, che nasca prematuro o ancor peggio: paura che non ce la faccia! Paura di turbarlo con cattivi pensieri. Paura di un parto che lo faccia soffrire, che lo segni per sempre.

Finalmente è nato: paura che non mangi abbastanza, paura che soffra per le coliche, che si deprima per l’abbandono, per la separazione dal corpo della madre; paura che non si risvegli, ma paura anche che non si addormenti. Paura dei germi, paura degli estranei che lo toccano. Paura che abbia troppo freddo, paura che abbia troppo caldo. Paura di “romperlo”, paura di viziarlo. Paura della ferita ombelicale. Paura di non sentirlo, paura di non capirlo, paura di non gestirlo. Paura della cacca che “... sono tre giorni che non la fa!”.

Comincia a crescere: paura della febbre; paura, terribile, della vaccinazione; paura della tosse, paura del naso chiuso, delle chiazze sulla pelle, della cacca verde. Paura a togliere la poppa, paura che rifiuti le prime pappe, paura delle allergie. Paura degli antibiotici, terrore del cortisone.

Inizia la vita sociale: paura che il ritorno al lavoro della madre lo intristisca, che le nonne che lo prenderanno in cura lo vizino, che la tata lo torturi! Ma paura anche che si ammali e non possa andare al nido. E con il lavoro come si fa?!

Infine adolescente: paura degli amici, paura che si droghi, che sia omosessuale, paura di una gravidanza, paura del motorino, paura che non sia capito a scuola, paura che sia preso in giro dai compagni, che sia dislessico, che a scuola si annoi. Paura di parlarci, paura... che abbia paura.

Questo è l'inizio dell'articolo di Paolo Sarti, in uscita sul prossimo numero di UPPA, un forte appello ai genitori perché cancellino i timori ingiustificati."








4 commenti:

  1. Dottssa Benedetti Psicologa-Psicoterapeuta28 ottobre 2013 alle ore 10:00

    Interessante l'appello ai genitori per non lasciarsi andare alle paure. Non è facile perchè le paure citate - tutte comuni e diffuse - sono emozioni e come tali non si cancellano! Quello che si può fare è gestirle e quindi cercare di verificare quanto effettivo pericolo c'è in ognuna di esse, ma anche quanto hanno a che fare con noi e quanto con i figli...

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  2. Cara Daniela, intanto grazie per averci offerto questa riflessione.
    Sono perfettamente d'accordo con te quando dici che le nostre ansie, le nostre paure non devono ricadere sui nostri figli e poi quando aggiungi "saggiamente" che bisogna imparare a vedere le cose, le situazioni con gli occhi dei nostri figli.
    Come genitori abbiamo il dovere di ascoltare attivamente i nostri figli, senza lasciarci sopraffare da quelle che sono solo le nostre ansie e le nostre preoccupazioni. Le ansie e le paure interferiscono nella comunicazione, che perderà di autenticità. Non si è più presenti all'altro, ma si galoppano i nostri fantasmi.
    E’ importante imparare a riconoscere i pericoli “reali”, quelli che davvero possono minacciare i nostri figli, da quelle che sono semplici proiezioni delle nostre paure.
    Il difficile mestiere di genitore si apprende giorno per giorno nella propria infanzia, vedendo e registrando il comportamento che i nostri genitori hanno tenuto nei nostri confronti. Di conseguenza, quando si diventa a propria volta genitori ci si accorge spesso di assumere atteggiamenti identici a quelli che i nostri genitori hanno avuto nel crescerci, e che abbiamo inconsapevolmente imparato fin dalla nascita.

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  3. A questo proposito, per esempio quando lavoro con le donne nei gruppi pre e post partum, cerco di aiutare le neomamme a gestire quel profondo e delicato processo di trasformazione della loro identità femminile, prima di tutto confrontandosi con nuove parti di sé, ma anche ripercorrendo le proprie storie di figlie. Solo riattraversando l’importante relazione con la propria madre per esempio una neomamma potrà rivivere consapevolmente le proprie emozioni, esprimerle e armonizzarle, ricomponendo i conflitti e le ferite. Ciò la renderà più attiva e meno reattiva ai propri moti inconsci (ansie e paure) e le permetterà di recuperare e fare proprie le cose buone di quelle memorie e vissuti affettivi, che sarà poi ciò che trasmetterà ai propri figli.
    La nostra funzione di mamme, così come di genitori, è quella di incoraggiare i nostri figli ad andare avanti, perché di fronte a nuove sfide hanno bisogno del nostro cor-aggio (che significa avere cuore, sede della virtù della fortezza), unico vero antidoto alla paura.
    Vorrei concludere questo mio piccolo intervento con le parole di Gibran, che mi sembrano meglio riassumere il senso delle mie parole...

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  4. "E una donna che reggeva un bimbo al seno disse, Parlaci dei Figli.
    E lui disse:
    I vostri figli non sono figli vostri.
    Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di se stessa.
    Essi vengono attraverso voi ma non da voi,
    e sebbene siano con voi non vi appartengono.
    Potete donare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri.
    Poiché hanno pensieri loro propri.
    Potete dare rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime,
    giacchè le loro anime albergano nella casa di domani,
    che voi non potete visitare neppure in sogno.
    Potete tentare d’esser come loro, ma non di renderli
    come voi siete.
    Giacchè la vita non indietreggia nè s’attarda sul passato.
    VOI SIETE GLI ARCHI DAI QUALI I VOSTRI FIGLI ,
    VIVENTI FRECCE,
    SONO SCOCCATI INNANZI...
    (I figli - Gibran)

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